Valerio Ceva Grimaldi
L’INTERVISTA. Gianfranco Amendola, Procuratore della Repubblica di Civitavecchia e autore di diverse inchieste, dalla malasanità romana fino a Radio Vaticana: «Da anni chiediamo di migliorare la nostra normativa sui rifiuti, molto carente». Ma ci sono da combattere fortissimi interessi.
Gianfranco Amendola è uno dei padri nel nostro ordinamento del diritto per l’ambiente. È stato procuratore aggiunto alla Procura della Repubblica di Roma, deputato europeo dei Verdi nel 1999, vicepresidente della Commissione per la protezione dell’ambiente e autore di numerosi libri in materia di legislazione penale ambientale (tra cui il notissimo In nome del popolo inquinato). È stato anche membro dei direttivi di Legambiente, Wwf e Italia Nostra. Dall’ottobre 2008 è Procuratore della Repubblica di Civitavecchia.
Oggi si parla molto delle “navi dei veleni”. Ma i misteri continuano ad addensarsi su quanto, fino ad ora, non è stato fatto per cercare la verità.
Ricordo che già negli anni ‘80 ci fu un intervento della magistratura per far ripescare un carico molto pericoloso per l’ambiente. In quell’occasione fu tirato su tutto. Poi della vicenda, nel corso del tempo, si è sempre parlato. Ma senza andare a fondo.
C’è anche un problema di leggi inadeguate?
Certo. La normativa vigente non ci aiuta molto. Quella sui rifiuti è basata sul regime delle contravvenzioni: l’unico delitto, peraltro introdotto da pochi anni, è quello che si riferisce a un “ingente carico di rifiuti”. Ma la fattispecie è formulata anche molto male. E anche questo non aiuta affatto.
E nessuno ha fatto nulla?
Sono anni che noi magistrati abbiamo proposto di introdurre normative come ce ne sono negli altri Paesi europei, che prevedono i delitti contro l’ambiente. Ma purtroppo in Italia non è stato mai fatto. L’ultimo a provarci è stato Pecoraro Scanio. Ma senza successo.
Chi era a porre ostacoli?
C’è sempre stata l’opposizione di altri ministeri, come quello della Giustizia. Nell’ultimo governo Prodi ad opporsi fu il dicastero dello Sviluppo economico. In generale, comunque, ci sono state forti resistenze da parte di chi ha da perdere in caso di approvazione di una legge di questo tipo. Sono materie che toccano forti interessi. Se non c’è una volontà politica condivisa una normativa di questo tipo non passerà mai.
Come giudica la grande manifestazione di Amantea?
Certamente è un fatto positivo, che fa seguito ad anni in cui si è un po’ perso lo spirito di voler fare qualcosa per la tutela dell’ambiente. Si è pensato che tanto un po’ tutti si riempiono la bocca di parole come “ecologia”, ma all’irrompere di problemi apparentemente più gravi, come la crisi economica, l’attenzione su queste priorità è calata. Ma questi temi riguardano tutti e da vicino.
Cosa fare, allora?
Dal particolare bisogna passare al generale. I problemi nascono sul territorio, certo, ma ora bisogna cambiare gli stili di vita, il modo di consumare. Bisogna riacquistare una forte coscienza sui problemi ambientali, impegnarsi per cambiare la cultura della nostra società.
Serve un sussulto di coscienza anche per la politica.
Specie dopo Amantea.E allora lancio un appello: il Parlamento approvi presto norme che tutelino seriamente l’ambiente.