Dal blog de La Destra leggo il messaggio di Riccardo Ferraresi inviato a Ciamei.Dal punto di vista storico e delle date il discorso di Ferraresi è condivisibile,anche se purtroppo queste parole vengono dette soltanto da qualche anno,mentre per decenni non solo non se ne è parlato,ma si sono nascoste anche l'esistenza delle Foibe.
Riccardo,visto che ci conosciamo mi permetto di intervenire nel dialogo anche se ti rivolgi a Ciamei,per aggiungere che condivido quello che tu dici anche quando scrivi in merito alla verità,che essa sta in mezzo e mai da una parte.
Però Riccardo c'è un però.
Perchè nella casa comunale viene esposto soltanto il manifesto che ricorda l'Olocausto (giusto il manifesto) e non anche quello delle Foibe?Perchè a Gallicano,dove tu sei un esponente della Giunta è stata bocciata una proposta presentata di intitolare una via a Giorgio Almirante,mentre ne esistono di intolate a esponenti comunisti,socialisti e democristiani?
Ma se la verità sta in mezzo,e se è ora di mettere da parte i rancori per fatti accaduti decenni e decenni fa,non credi se come è giusto ricordare gli scempi causati da Roatta,con la stessa serenità si dovrebbero ricordare quanto hanno fatto di male a zingari,ebrei e popolazioni inermi e non in armi,persone come Stalin,Tito,e i vari dittatori comunisti sparsi per la Terra?
Se vuoi puoi rispondermi e utilizzare questo blog,sono a disposizione per pubblicare tue risposte o riflessioni.
Un saluto da Federico Tabolacci.
Quando Mariano Rumor firmò il trattato di Osimo, l'1 ottobre 1975, a trent'anni dalla fine della guerra, la tragedia degli italiani di Istria, Dalmazia e Venezia Giulia era ormai un esile ricordo affidato alla memoria dei sopravvissuti. Nessuno li ha mai ascoltati. Perché nessuno ha voglia di ricordare che sul confine orientale, fra il 1943 e il 1947, si consumò una tragedia che la storia nazionale ha dovuto negare fino a oggi. Le cieche ragioni della politica hanno prevalso sulla verità.
RispondiEliminaLa pulizia etnica slava, legittimata dalle 'nobili' vesti del comunismo di Tito, si abbattè sulle popolazioni italiane che abitavano nei territori assegnati alla Jugoslavia. Decine di migliaia furono le vittime. Centinaia di migliaia gli esiliati. Furono distrutti gli archivi comunali, i registri delle nascite, le lapidi dei cimiteri per annientare anche il solo ricordo di una tragedia etnica di cui ancora oggi non si percepiscono le esatte proporzioni.
Che la barbara reazione slava fosse giustificata dalla ottusa e violenta azione di italianizzazione perpetrata dal fascismo, non assolve l'Italia repubblicana per il suo colpevole disinteresse. Harold MacMillan, allora rappresentante militare alleato, non aveva dubbi quando disse al governo italiano: 'La colpa è tutta vostra. Siete voi che non volete salvare la Venezia Giulia'.
Eppure, si sapeva che il confine orientale sarebbe stato un punto di crisi del dopoguerra. Prima che il conflitto finisse l'avevano già capito il principe Junio Valerio Borghese, capo della Decima Mas, e i servizi segreti americani, Tito e Truman, Stalin e Churchill... Non lo capì invece Harold Alexander, comandante delle truppe inglesi in Italia, grande amico di Tito. E nemmeno la Resistenza, condizionata dalla politica internazionale dei comunisti. Così Tito arrivò per primo a Trieste applicando il noto principio di Stalin: 'Il possesso costituisce i nove decimi del diritto'.
Ma perché l'Italia non reagì? L'Italia era uscita da una guerra disastrosa, prima persa con gli alleati e poi vinta insieme ai nemici. Vent'anni di ubriacatura patriottica avevano lasciato in eredità un'allergia collettiva verso ogni suggestione nazionalistica. E la sinistra vedeva nei compagni jugoslavi dei sinceri antifascisti più che degli slavi sciovinisti. Togliatti, in nome di Stalin più che dell'internazionalismo proletario, era schierato con il maresciallo.
Così le foibe di Basovizza e Monrupino, la crisi per Trieste italiana, l'abbandono dell'Istria e l'esodo da Pola diventarono pian piano argomenti sempre più marginali nel dibattito politico. 'Un tormento' come sospirava Alcide De Gasperi. Un buco storiografico, che ora Arrigo Petacco, con la prosa del narratore e la precisione documentaria dello storico, colma grazie a un libro che non ha uguali nella cultura italiana.
Poi è preferibile non parlare di "numeri" in quanto così come il nazista Hitler è accusato di avere ordinato l'uccisione di oltre 6 miloni di persone, non si può dimenticare che il "numero" delle persone uccise imputabili a ordini del comunista Stalin, sono tra i 20 e 60 milioni.
Quindi questo non per dire che uno è migliore dell'altro,ma solo per ricordare a qualcuno che se si vogliono riportare i dati Wikipedia,bisogna riportare TUTTI I DATI e non solo quelli che ci fanno comodo.