giovedì 16 aprile 2009

La responsabilità del sindaco nella tutela dell'ambiente.

È ampiamente noto agli amministratori degli enti locali come il D.lgs 18 agosto 2000 n. 267 - Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - abbia armonizzato la copiosa produzione legislativa successiva alla L. 142/90, norma oramai abrogata, ma che costituisce la pietra miliare nella divisione dei poteri tra organi politici e funzionari amministrativi, permettendo una effettiva razionalizzazione del sistema normativo.Il Decreto regola la competenza dei comuni, delle province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e caratterizza il ruolo del sindaco: legale rappresentante, responsabile dell'amministrazione del comune, le sue attribuzioni, i suoi poteri.Emerge come il sindaco abbia delle competenze quale responsabile dell'amministrazione comunale, quale primus inter pares, espressione della collettività che amministra e quale "ufficiale di governo".Egli, direttamente e mediante i propri delegati, ha l'obbligo del controllo affinchè le disposizioni normative e regolamentari siano attuate.La situazione è ancor più aggravata dalla necessità per le amministrazioni locali di adeguare l'azione amministrativa alle disposizioni comunitarie, in particolare alle direttive comunitarie e alle raccomandazioni del Consiglio d'Europa piuttosto che del Parlamento Europeo oramai di immediata applicazione nel diritto interno.Ne consegue la dilatazione del regime di responsabilità per il sindaco e gli amministratori, ma anche per i dirigenti comunali, oramai investiti di funzioni proprie.Responsabilità che, secondo un'interpretazione dell'articolo 28 della Carta Costituzionale, si estende anche alla materia civile, a quella penale e a quella amministrativa.Invero l'articolo 28 della Costituzione recita: "I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo stato e agli enti pubblici".La dottrina e la giurisprudenza ritengono che tale norma, dalla formulazione così generica, visto il riferimento a sia applicabile anche ai sindaci; infatti secondo Cass. 18 febbraio 2000, n. 1890, "l' art. 28 Cost. si applica anche ai soggetti come i sindaci dei comuni, svolgenti funzioni pubbliche senza essere legati all'ente da un rapporto di servizio". Ed a tale proposito la dottrina ha precisato che "Se vi è stata una cattiva gestione dei poteri pubblici , è l'ente pubblico titolare di quei poteri che deve rispondere dei danni cagionati... con ovvia successiva eventuale rivalsa nei confronti del titolare dell'organo, in forza delle norme sulla responsabilità amministrativa. Gli ordini malamente dati con grave negligenza e magari con dolosa malizia, purchè non sconfinanti in un dolo di rilevanza penale, continuano ad essere provvedimenti amministrativi dotati di un'efficacia che deriva non da poteri propri del funzionario agente, ma dai poteri che l'ordinamento attribuisce all'ente pubblico che è, quindi, il vero ed unico responsabile dei danni conseguenti al loro cattivo uso" (Barbieri, "Sulla responsabilità civile diretta dei funzionari", Mass. Giur. Lavoro, n. 6. Giugno 2000, pag. 701; nello stesso senso anche Aimonetto "Le ordinanze del sindaco e dei dirigenti comunali", Maggioli, 2001; Perulli, "La responsabilità civile, penale e amministrativa degli amministratori degli enti locali", Giuffrè, 2000).Tale principio trova oggi ampia applicazione, vista la netta separazione delle attribuzioni del sindaco operata dagli articoli 50 e 54 del T.U., ma era stato già affermato in passato quando, sotto la precedente legislazione, la distinzione tra gli atti del Sindaco quale ufficiale di Governo e quale rappresentante dell'ente locale non era così marcata e bisognava accertare di volta in volta in quale ruolo il sindaco avesse agito: "L' attività svolta dal sindaco non implica automatica responsabilità del Comune per l'adempimento delle conseguenti obbligazioni, atteso che tale organo cumula in sè la qualità di capo dell'amministrazione locale e quella di ufficiale di Governo, con la conseguenza che, al fine dell'imputazione della suddetta responsabilità, occorre verificare, di volta in volta, l'appartenenza dello specifico interesse pubblico perseguito, risultando riferibile l'attività svolta allo Stato o al Comune secondo la titolarità dell'interesse medesimo" (Cass. civ. sez. I, 18.05.1996, n. 4604); "Il Sindaco oltre che come capo dell'amministrazione comunale, svolge alcune attribuzioni quale Ufficiale del Governo e le conseguenze di tali atti sono imputate allo Stato" (Cass. Sez. I, 7.08.1997, n. 7291; cfr. anche Cass. civ. sez. III, 4.01.1994, n. 13; Cass. S.U., n. 12316/1992).Con l'emanazione del D.Lgs. 267/2000, come già affermato, sono state definite ed ampliate rispetto al passato le mansioni svolte dal sindaco in qualità di capo dell'amministrazione locale (tutte le ipotesi delineate dall'art. 50), mentre, quale ufficiale del Governo, egli interviene soltanto quando sia necessario prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini (art. 54 comma II), e nei casi di emergenza, connessi con il traffico e/o l'inquinamento atmosferico o acustico o in altre circostanze straordinarie (art. 54 comma III), in materia di modifica degli orari di esercizi commerciali, pubblici esercizi e servizi pubblici. La conseguenza è, ovviamente, che sono oggi più numerosi i casi di coinvolgimento del Comune, anzichè dello Stato, quale responsabile in solido con il Sindaco, nei giudizi per responsabilità civile promossi dai cittadini per la lesione di diritti soggettivi o interessi legittimi.Premesso che la configurabilità in astratto di una responsabilità penale del sindaco per la sua qualità di legale rappresentante del Comune non significa che gli si debbano addebitare fatti-reato a titolo di responsabilità oggettiva o di responsabilità per fatto altrui: ciò in quanto la responsabilità oggettiva - quale responsabilità per fatto proprio incolpevole - ha un ambito di applicazione molto ristretto, limitato ai casi espressamente previsti dalla legge (art. 42, III comma, c.p.), mentre la responsabilità per fatto altrui non è mai ipotizzabile in materia penale, vigendo il principio di cui all'art 27, I comma, Cost. che sancisce: "La responsabilità penale è personale".Tuttavia, sovente il sindaco, quale figura di vertice dell'Ente territoriale, specie nei Comuni di grandi dimensioni, sarà chiamato a titolo di colpa, per non avere egli adeguatamente vigilato sulle attività dei preposti o e monitorato tutte le diverse situazioni e problematiche che si prospettano quotidianamente nella vita dell'ente (c.d. culpa in vigilando) o per essersi circondato di persone non idonee o incompetenti (c.d. culpa in eligendo) per l'espletamento di funzioni anche di rilevanza penale: l'affermazione della sua responsabilità si baserà, quindi, sulla accusa di avere agito con leggerezza, imprudenza o negligenza, più in generale per l'inosservanza di cautele doverose, e ciò anche quando, di fatto, il sindaco - organo avente funzioni di indirizzo politico/amministrativo - non poteva essere a conoscenza delle singole questioni di carattere pratico o gestionale, come avviene nella generalità dei casi.A tale proposito è bene sottolineare che, specie nei Comuni di grandi dimensioni dove operano una pluralità di funzionari, vige la prassi di delegare funzioni da parte del sindaco ad assessori o dirigenti conformemente a quanto previsto dalla legge o dallo statuto comunale secondo però le specificazioni dettate dalla giurisprudenza di legittimità.Per effetto di tale prassi si sta diffondendo, in tempi più recenti, un indirizzo giurisprudenziale che tende, in presenza di determinate condizioni, ad esentare da responsabilità penale il sindaco che abbia conferito ad altri soggetti operanti all'interno dell'ente territoriale, quali assessori e dirigenti, la delega delle funzioni a lui spettanti. La prassi di delegare funzioni, anche penalmente rilevanti, trova la sua ragion d'essere nella "impossibilità per il sindaco di provvedere in via diretta e personale a tutti gli adempimenti, pubblici e privati, connessi alla carica", cosicché "la ripartizione di competenze è in re ipsa" (Cass. 7.07.1989, Auricchio.)Si tratta per lo più di reati di natura contravvenzionale previsti dalla normativa in materia ambientale, e consistenti nel mancato rispetto di obblighi che la legge pone a carico (dello Stato, della Regione e) dei Comuni in ragione del ruolo da questi svolto di primi garanti della tutela della salute dei cittadini attraverso una efficace attività di tutela dell'ambiente.Sul tema che qui occupa, del ruolo del Comune in tema di bonifiche dei siti inquinati, deve rammentarsi che la amministrazione comunale ha il compito di diffidare il responsabile dell'inquinamento a provvedere agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento (art. 17, comma 3); di approvare il progetto ed autorizzare la realizzazione degli interventi, indicando eventuali modifiche ed integrazioni del progetto, fissando i tempi di esecuzione dello stesso (art. 17, comma 4); infine, e si tratta di una prescrizione importante, è il Comune stesso incaricato dalla legge di provvedere d'ufficio agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale qualora non vi provveda o non sia individuabile il responsabile dell'inquinamento (comma 9).Le violazioni connesse all'obbligo della bonifica dei siti inquinati sono disciplinate dall'art 51 bis del decreto in questione, che indica le sanzioni applicabili nei confronti di "Chiunque cagiona l'inquinamento o un pericolo concreto ed attuale di inquinamento previsto dall'art 17 comma 2 è punito con l'arresto ... e con l'ammenda... se non provvede alla bonifica secondo il procedimento di cui all'art 17 ...".Tutto il sistema previsto dall'art 17 rientra nella comminatoria dell'art 51 bis: ciò significa che è sanzionata l'omessa bonifica, vale a dire il mancato ottemperamento alle numerose disposizioni dell'art. 17, da "chiunque" realizzata, non potendosi quindi escludere dall'ambito di applicabilità della medesima norma neppure il Comune (alias, il sindaco), qualora questi non si attivi al fine di provvedere alla bonifica del terreno inquinato nel caso di inerzia o mancata identificazione del responsabile dell'inquinamento.Pertanto sul sindaco, quale legale rappresentante del Comune, grava l'obbligo di procedere alla bonifica dei siti contaminati, attivando a tal fine gli uffici competenti, salvo poi rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per ottenere la restituzione delle somme spese secondo le norme civili ed amministrative, fermo restando che, accertata la responsabilità penale, potrà essere irrogata nei suoi confronti la sanzione penale detentiva e/o pecuniaria non solo nelle ipotesi in cui l'inquinamento sia stato cagionato dallo svolgimento di attività comunali, ma altresì nei casi in cui gli organi del Comune, resi edotti della situazione di inquinamento, non si siano attivati applicando la procedura dettata dall'art 17 del decreto Ronchi.L'applicabilità della disciplina prevista dall'art 17 ai legali rappresentanti degli enti locali è stata affermata in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità che ha affermato la necessità che siano in primo luogo gli amministratori pubblici a rendersi garanti della tutela della salute e dell'ambiente; infatti, escludere il Comune, nella persona del sindaco, dall'ambito di applicabilità di detta normativa, sottoponendovi soltanto il privato, significherebbe legittimare la violazione del diritto alla salute e del principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione (così Cass. III penale, 13.01.1999, n. 280, Palascino, che a sua volta richiama i principi già espressi sul punto da Cass. III, 4.11.1987, n. 12251, Francucci).

Nessun commento:

Posta un commento